venerdì 28 aprile 2017

Il peso della connessione, del tempo che passa, la felicità

Bike Trip 21.04-22.04 2017 Parte 1 di 3 (Taranto - Trevignano Romano)



Quando decisi di partire con la 5xc, dovevo farlo da solo, dovevo prendere il "rapido Taranto/Ancona",dovevo percorrere più chilometri con meno salite. Ma Rino diceva anche che non bisogna mai "criticare un film senza prima, prima vederlo". Allora quando il mio migliore amico ha palesato l'idea di volermi accompagnare, pressai perché questo avvenisse. Così è stato.

La pianificazione è cambiata parecchio; non più Marchè/Umbria, ma Lazio/Umbria; il calcolo del percorso e del dislivello diventa più approssimativo (in due possiamo permetterci di improvvisare), Sono pigro e non sono motivato a sufficienza per fare le cose per bene... mai. Non si parte più in treno da Taranto verso Ancona, ma in Macchina verso Fiumicino. Si parte di sera dopo lavoro, si arriva a Fiumicino di notte e si dorme tra divano e pavimento a casa di un'amica. Sono troppo stanco per tirare fuori dallo zaino il tablet e provare ad abbozzare l'inizio di un diario di viaggio, uso l'iPhone, apro "note", non ne viene fuori niente di buono, passo circa un'ora a scorrere la home di Facebook e a mettere cuori su Instagram. Troppi pensieri. Troppe preoccupazioni. L'Ansia... la paura di deludere le aspettative del mio compagno di viaggio; è una mia responsabilità. L'Ansia... il meteo incerto, farà freddo, sono troppo pesante, ho portato troppa roba. L'Ansia...
La sveglia suona alle 8.00 ma eravamo già in piedi. La schiena ha già qualcosa da dire. Le ore di sonno sono state poche e inquiete. una doccia veloce e tutta la calma per non dimenticare niente. Usciamo di casa alle 9.00 imposto il gps per un percorso pedonale verso la prima tappa; ci si scalda per 25km circa, pausa. colazione. borracce piene, banane comprate, una l'ho mangiata, una è nella tasca della maglietta e l'altra... si parte davvero.


La Bicicletta è troppo carica. Ho portato troppa roba. Non mi serve tutto quello che ho. Si. È una stupida e scontata metafora della vita: Abbiamo davvero bisogno di tutto quello che ci portiamo dietro? Le comodità delle quali pensi di non poter fare a meno, sono le stesse che ti "bloccano" e non ti lasciano proseguire il tuo cammino. Le cose che possiedi alla fine poi ti possiedono diceva Tyler. Ho portato l'iPad e la smart keyboard (con annesso un carico d'ansia per la paura di perderli) per scrivere il blog in tempo reale, alla sera, per riversare tutto senza rischiare di dimenticare nulla; ma perchè? la mia memoria funziona bene, e se poi qualcosa la dimentico e mi trovo a dover inventare, chissenefrega, anzi, sicuramente verrà fuori roba piu interessante della verità. Sono pesante. troppo pesante. il clima è mite (in culo alle previsioni e alle Allerte meteo) non dovevo portare il completo invernale. non dovevo portare due powerbank (la pendenza è del 8%. questa salita non finisce mai), l'iPad non mi serve, per principio non voglio usare il rampichino, questa salita mi serve per espiare, deve far male. Non dovevo portare il jeans e la felpa. Non dovevo portare l'iPad. Che me ne faccio di due powerbank?! intorno a me il panorama è fantastico, la primavera profuma di buono, di bagnato, la sento addosso, dentro al corpo, penetra attraverso i pori, ne sono immerso. Fà male, e godo.
Il paesaggio troppo repentinamente muta, le colline diventano più aride, c'ê più strada, piu' asfalto, più rotatorie, più cartelli stradali; su uno di questi leggo: "Vigna di Valle", raggiungo il compagno e propongo di fermarci al museo dell'Aviazione e dell'Aeronautica Italiana, siamo d'accordo, una piccola deviazione e in pochi minuti (dopo una discesa da 70km/h) siamo all'ingresso presidiato da una guardia armata che puo' avere 20 anni, spaventato a morte da due "signori" in abbigliamento bizzarro che vogliono entrare in una zona militare in sella a due biciclette piene di borse. Dopo aver richiesto e avuto l'autorizzazione del Capo di Stato Maggiore, ci lascia entrare.
Adoro il museo di Vigna di Valle in quanto è l'emblema della maestosità della forza e della superiorità della macchina sull'uomo. L'aeroplano, più di ogni altro "arnese" esprime le qualità della razza alla quale apparteniamo: L'intelletto, il coraggio, la follia. È la seconda volta che lo visito e come la prima, la sala dei velivoli dei pionieri del volo, quella dei caccia impiegati nel primo conflitto mondiale e quella degli idrovolanti da corsa sono le mie preferite, poter "toccare" (in realtà non si potrebbe, ma paradossalmente non c'è nessuno che sta li a fare la guardia) quelle macchine è come uno Tsaheylu tra un Na'vi e un Ikran, crea una connessione con la storia con i veri Futuristi, con gli "Assi" che volavano e combattevano per un Ideale (condivisibile o meno, sticazzi); combattevano e volavano con una pistola d'ordinanza nella fondina, a cosa servisse una pistola su un aereo dotato di mitragliatrice è presto detto: questi apparecchi si incendiavano con una certa facilità, e il pilota piuttosto che morire bruciato tra le fiamme preferiva spararsi un colpo alla tempia. Adoro.

All'uscita dal museo si prosegue costeggiando il lago lasciandocelo sulla destra, ancora mi è ignoto come sia possibile che le coste di un lago abbiano un dislivello così fastidioso, un lago è piatto come un lago di solito, ma vabbè. Bracciano, restiamo sul lago, una pizzeria gestita da personale cortese e gentile ci rifocilla, bevo una birra grande e mangio una pizza (ne avrei volute mangiare due). In questo viaggio non ho portato con me gel a rilascio immediato, ho deciso di affrontare questo viaggio senza aiuti alimentari, mangiando cibo e bevendo liquidi ordinari, non fumando. Decidiamo di ripartire troppo presto, la pizza la digerirò dopo, i sali/scendi degli ultimi 12 chilometri prima di Trevignano ci hanno  davvero provato, le gambe sono rigide come tronchi, sdraiati per terra non riusciamo a raccogliere le forze cerebrali per cercare un posto economico nel quale passare la notte, ci fermiamo al più vicino, che probabilmente è anche il più costoso, però che vista dalla terrazza:











Arrivato in camera non riesco a fare neanche la doccia, puzzo ma mi metto a letto senza lavarmi (non prima di aver chiesto la password del wifi), di nuovo provo a scrivere, di nuovo non ci riesco. Di nuovo penso e di nuovo sono contento di non essere un Asso della prima guerra mondiale, sono contento di non avere una pistola nella fondina della divisa. Penso a Filippo Tommaso Marinetti, ai suoi baffi all'insù e al manifesto del futurismo, e a quanto dovrei farmi schifo per quanto, in molti punti, mi ci ritrovo (che poi se penso che il manifesto è stato scritto 108 anni fa, e parla di futurismo e di distruzione del passato, rischio di scomparire con un quantum leap).
Per il momento mi sono rotto i coglioni, se ti interessa sapere come va a finire devi aspettare le parti 2 e 3 di questo racconto.
Alcuni scatti su questo percorso Quì


  • Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.
  • Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
  • La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
  • Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un'automobile un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
  • Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
  • Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.
  • Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.
  • Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.
  • Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
  • Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.
  • Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
È dall'Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.


martedì 18 aprile 2017

Andrà tutto bene

Sono tutte cazzate! La cattiveria non esiste. L'umano è un essere fondamentalmente positivo, si fida di te e ti ama a prescindere. L'imprinting è quasi sempre positivo. È veramente difficile riuscire a farsi odiare. È così...

Oppure, sono l'uomo più fortunato del mondo.

Mentre sto scrivendo queste righe vivo uno dei pochissimi attimi di serenità in uno dei periodi più cupi della mia esistenza. Sarà un epitaffio a memoria di una futura rinascita e non di una dipartita. Perché la propria vita la si deve a qualcuno, la devi al tuo prossimo come diceva il Compagno Gesù Cristo. Devi dedicarla a coloro che ti hanno regalato i momenti di gioia, perché "la vita è quasi sempre una merda, altrimenti le persone non si suiciderebbero".
Vale la pena vivere per quella Persona che pur di non dartela vinta, riesce a farti del bene facendotelo interpretare come gesto di estrema cattiveria. La devi a quella Persona che è stata lì sempre, nonostante tutto. Nonostante tu sia quanto di peggio poteva incontrare lungo la propria strada. Vale la pena vivere per il tuo migliore amico, ma anche per il tuo peggior nemico, per andargli in culo finché avrai fiato.




...un momento che dura da 37 anni.


lunedì 10 aprile 2017

37

Scopro in ritardo che i Pink Floyd e Stanley Kubric il 23 Marzo mi hanno fatto un gran bel regalo di compleanno.
Buona visione

venerdì 7 aprile 2017

favola su una bicicletta



Questa è la storia di una bicicletta, una bicicletta costata poco, la storia della bicicletta con la quale per la prima volta ho messo le ruote fuori da una strada nera e grigia, la prima bicicletta con la quale mi sono allontanato da casa, la prima che mi ha accompagnato fuori dal traffico, dentro la al fango, sulle rocce, dentro me stesso.

Insieme a Lei ho incominciato a percorrere sentieri e non sentieri, la prima bicicletta che ho portato sulle spalle la dove niente si poteva pedalare.
Questa è la storia di quella bicicletta, di quello che mi ha dato, di quello che è diventata e dei compromessi che ognuno di noi deve affrontare nella vita. Una storia di crescita e metamorfosi.
Lei è un ferro prossimo al compimento dei 20 anni, ma al tempo era una signora, una gran bella signora, troppo grande per me, le misure del decathlon di quegli anni erano davvero troppo generose, sbagliai la taglia. Le biciclette del decathlon si chiamavano ancora "biciclette del decathlon", non B'Twin, le geometrie dei telai si somigliavano tutte. É una decathlon rockrider x5; o meglio, era.
Succede spesso che io mi affezioni agli oggetti, succede spessissimo con le biciclette, questa non era la mia prima bici in assoluto (la prima fu una cross rossa con la leva del cambio sul tubo orizzontale, la seconda una bmx gialla bianchi, poi una mtb montana di colori fluorescenti... poi altri ferri recuperati, regalati.. mai venduti) ma con lei comunque ho vissuto un sacco di prime volte e per questo ci sono ancora più legato. Il mio rapporto con le due ruote a propulsione umana non è mai stato costante, ma tutte le volte che mi sono avvicinato ad una bicicletta (alla bicicletta in generale) sono coincise con periodi di cambiamento e in qualche modo di rinascita, o quantomeno di evoluzine. Questa  5x è alla sua terza vita, forse l'ultima (come nella migliore tradizione videoludica).

Life 1 - Fu aquistata per gli spostamenti in città, non ricordo se mi avessero tolto la patente, o se avevo distrutto un'auto... non ricordo proprio, fatto stà che avevo bisogno di una bici per muovermi. nei vari traslochi e periodi di allontanamento mi sono ritrovato senza bicicletta. il Decathlon (che dalle mie parti aveva aperto da pochissimo) era il posto ideale per trovarne una decente ad un prezzo non eccessivo. la prima vita scorse così senza intoppi, tra scorrazzate nel traffico e qualche uscita dal centro cittadino per raggiungere il mare.

Life 2 - La seconda vita non fu proprio una rinascita, ma più (per restare in tema videogames) un PowerUp, un powerup trovato per caso: i miei problemi di mobilità si erano risolti, ma la xc5 continuavo ad usarla per diletto, quando ad un certo punto, non ricordo bene le circostanze, realizzai che avevo sotto al culo una MTB, un mezzo offroad "e sono un coglione!" pensai. Apportai delle piccole modifiche (ma non voglio perdermi nei tecnicismi) e la mia bella XC5 era pronta a fare XC, ma anche enduro, anche bmx. Scoprii la mountainbike, scopri un nuovo modo di vivere la bicicletta, di vivere la città, di vivere... scoprii la mia strada, che in realtà non era una strada. Lo scoprii un po' tardi, le geometrie, le ruote da 26, la forcella, i vbrake erano ormai superati, le mountainbike erano diventate un'altra cosa nel frattempo. Dovevo lasciarla. Quando ho cambiato mountainbike l'idea di venderla non mi ha mai neanche sfiorato lontanamente. Ho cercato di farla restare viva, pregando le persone a me vicine di utilizzarla, di farla correre, ma ovviamente nessuno poteva capire i miei sentimenti ed è stata ferma a lungo. DEATH!


Life 3 - La mtb è ormai al centro dei miei pensieri, organizzo le mie giornate affinchè possa avere sempre un po' di tempo per sentire le rocce, la terra e la ghiaia scorrere sotto le ruotone della mia GIANT. Da qualche anno ho rinunciato alle quattro ruote, ho rinunciato a spostarmi in una scatoletta di tonno (se dovrò morire sulla strada, almeno volerò negli ultimi istanti della mia vita). Gli ultimi anni ho affrontato i miei primi viaggi in bicicletta, l'ultimo anno in moto ed ho imparato ad apprezzare lo spostamento come parte integrante del viaggio e non solo come inframezzo, non c'è niente di meglio che viaggiare in bicicletta per goderne a pieno. Non ci sarebbe niente di meglio che viaggiare in mountain bike, fuori strada. sulla ghiaia, gravel in inglese... GRAVEL BIKE. ho esplorato l'internet, i negozi fisici e online per capirci qualcosa e ne emerso che non c'è niente da capire, questa è LA BICICLETTA, la bicicletta che ti porta ovunque e che dovresti portare ovunque. Il compromesso ideale. Odio i compromessi. ma solo i cattivi non riescono a vedere il buono nelle cose, questo è un buon compromesso. Ok, però non voglio comprarla, voglio pedalare sulla mia xc5, la bicicletta che mi ha fatto scoprire la mia strada fatta di non strada. Di nuovo, non voglio rovinare questa favola facendo un elenco dei lavori eseguiti e delle componenti sostituite. Ti basta sapere che adesso la mia xc5 è questa quì (foto); e che tra pochi giorni, da soli io e Lei, partiremo. Ti racconterò com'è andata quando torno.



sabato 1 aprile 2017

OffRoad

"Trova la tua strada" mi dicono. A 37 anni una strada non ce l'ho.
"Trova la tua strada". La mia? Io non ho una strada mia, sai che palle avere una strada privata, nella quale non incontri nessuno, o se lo incontri è solo un ospite, uno che percorre la mia strada, uno che è li di passaggio, uno che invade il mio spazio per definizione. Un clandestino. No. Io non la voglio una strada mia.
Io non la voglio proprio una strada che sia una: una strada sola per andare in un unico posto prefissato è il tunnel con in fondo la luce. é la morte.
Una strada, un pezzo di mondo confinato, comodo, asfaltato, a volte solo battuto, ma che qualcuno comunque ha percorso prima di me; quella strada un tizio, comunque, deve averla tracciata. Una strada mia, che non sarà mai veramente mia, non la voglio.

Non voglio camminare su una strada, voglio camminare sulla terra, nella terra al di sopra della terra, "IDCLIP" cazzo!








IDDQD e IDKFA per stare tranquilli.